Don Filippo delle teste
La Sicilia è una terra di pazzi, basti ricordare le recenti elezioni politiche.
I personaggi di questa terra, dove da un mese vago, sono anonimamente assurdi, e
a volte eccezionalmente assurdi, come Filippu di li testi.
Chiarito che costui è già morto, ve ne racconto per sommi capi l'esistenza. Nato
alla fine dell'800 a Sciacca, da un padre pescatore e madre rassegnata di
conseguenza, giovanissimo emigra come alcune migliaia in america. Svolge vari
mestieri, dall'operaio delle ferrovie all'animatore alberghiero.
Una notte viene pestato a sangue, pare per una donna di cui era innamorato.
Tra le botte ricevute pare che sia stata particolarmente pesantre una -o più-
botta in testa. Sbrocca. Torna in italia, a Sciacca da cui era partito, e con
quei quattro soldi fatti compra un podere nei dintorni, sassoso e in forte
pendenza quindi quasi gratis, dove si installa.
Per circa cinquant'anni lo scava, rivolta, arrimina, traendone pietre grosse su
cui scolpisce i volti delle persone che lo hanno aggredito in america, più i
suoi eroi (vittorio emanuele terzo, mussolini, garibaldi: alla rinfusa), i suoi
amici: si fa chiamare eccillenza, signuri principi. Qui lo considerano un
pazzo, come giusto.
In cinquant'anni scolpisce circa tremila teste in pietra, scava grotte e vi
scolpisce facce in tutte le prospettive, modifica gli ulivi del podere dandogli
forma antropomorfa. Nel frattempo invecchia e se la prende sempre di più con le
donne, ma non riesce a farne a meno. Chiama le suore infami, perché
"ammucciano la simenza": nel suo strano siculo, stravolto dagli anni
in america, si spiega sempre male. In questo caso se la prende con donne che
rifiutano il seme degli uomini. Per dire "mi piace" dice
"m'allicca". Ha tre cani e gli dà degli ordini con un bastone da
passeggio finto, più corto del normale, disegnando geometrie in aria, e quelli
incredibilmente gli obbediscono. Scolpisce e scolpisce, di continuo, sempre. Fa
danze intorno ai fuochi, solo con i suoi cani. Lo scoprono artisti e
giornalisti stranieri, fanno servizi su di lui. Lo sciamano siculo, viene
chiamato in questi cazzo di servizi.
Una giornalista dell'Ora, storico quotidiano di Palermo, va infine ad
intervistarlo.
Lui scolpiva anche dei cazzi formidabili, ma non li faceva vedere mai alle
donne. A lei invece mostra la Chiave dell'Incanto. Un gruppo scultoreo di falli
variamente intrecciati.
"S'accusciasse furesta. Apparassi li mani... e si nni priassi tutta",
le dice (trad: si accomodi straniera. Metta le mani... e ne goda
completamente).
Mentre lo dice le gira sul capo il gruppo scultoreo -era dotato di forza
sovrumana, anche se minuto-. La donna agita le mani, suo malgrado, sulla
foresta di cazzi da lui proposta.
Non si sa come è andata a finire, perché chi mi ha raccontato la storia si è
allontanato per pudore.
Ora il campo di Filippo (fondo Bentivegna) è visitato da torme di turisti. Lui è
morto nel '67, sempre deriso da tutti i suoi compaesani. Le sue teste, le sue
caverne, i suoi alberi scolpiti, le sue assurde pitture rupestri, sono un fuoco
d'artificio di potenza umana oltre che espressiva. Molte teste sono state
rubate, ma ne resta la massima parte. Dei cazzi non si sa, o non si dice.
Cinquant'anni di odio e amore forsennati, scolpiti nella pietra, continuamente,
in solitudine derisa.
Oggi ci sono guide che spiegano ai turisti con zainetto e acqua in mano, con
fare annoiato e ritmo cadenzato. I turisti si muovono qua e là.
L'unico ricordo tangibile che ho di quel posto è una conchiglia raccolta in
mezzo alla terra.